mercoledì 16 novembre 2011

ANNE HERRIES: La fanciulla e il cavaliere

Italia - Inghilterra, 1194
Dopo aver trascorso sette anni in Terra Santa, Lady Katherine di Grunwald decide di tornare in Francia portando con sé il Santo Graal, la reliquia che ha indirettamente causato la morte di suo padre e che lei intende affidare a qualcuno in grado di proteggerla dall’avidità di uomini come Hubert di Ravenshurst. È stato proprio quest’ultimo, infatti, a mandare dei sicari a uccidere Lord Grunwald e dei briganti ad aggredire Katherine durante il viaggio per sottrarle il prezioso calice. A soccorrerla è sir Alain di Banewulf, un affascinante cavaliere reduce dalle Crociate, che si offre di aiutarla a portare a compimento la sua missione. Così, mentre tra i due sboccia a poco a poco un tenero sentimento, tra i loro nemici si scatena una lotta mortale per il possesso del Graal, un conflitto che vede opposti il bene e il male e che metterà a dura prova l’amore che unisce la fanciulla e il cavaliere.
“Che noia, che barba! Che barba, che noia!”
È il pensiero fisso quando si ha a che fare con un libro simile a questo.
Da dove posso iniziare a elencare le cose che non mi sono piaciute? È un’impresa ardua. Partiamo dalle origini…
La fanciulla e il cavaliere fa parte di una serie dedicata alla dinastia di Banewulf. Avevo già letto L’onore del cavaliere e non mi era piaciuto moltissimo, ma non era stato disastroso quanto questo.
I protagonisti sono Alain di Banewulf e Lady Katherine di Grunwald, entrambi di ritorno dalla Terra Santa dopo il tragico assedio di Acri. Katherine porta con sé un importante tesoro, Il Santo Graal che il padre avrebbe trovato a Gerusalemme. Il suo acerrimo nemico, però, il barone Hubert di Raavenshurst lo ha ucciso per poterglielo sottrarre e ora insegue lei per impadronirsene. Per questo arriva come manna dal cielo per lei la protezione di Alain di Banewulf.
Già da subito Katherine inizia con quella che sarà la sua costante cantilena “Io sono brutta. Tutti mi hanno sempre detto che sono brutta. Mio padre mi diceva che ero brutta ma intelligente” Che amore paterno! E così all’infinito. Vista la sua bruttezza, sir Alain non si potrà mai innamorare di lei! E in effetti, anche lui continua a chiedersi cosa lo affascini della ragazza, visto che non è proprio una leggiadra damigella.
Mentre lei ammette repentinamente il suo amore per lui già all’inizio del racconto, il cavaliere ci impiegherà un bel po’ di tempo, tanto che a un certo punto se ne esce con una siffatta professione d’amore. Al fratello, Stefan, che gli chiede:
“Katherine è molto importante per voi, non è vero?”
Lui, con grande delicatezza, risponde:
“Tanto che avrei sentito la sua mancanza se fosse morta”
Ma cos’è, il cagnolino che ti tiene compagnia?
Fra un tira e molla “l’amo, no le sono affezionato, no forse l’amo” si arriva a una scena d’amore di questo tipo:
“Credo di essermi innamorato di voi, dolce Katherine”
Le mani tremanti, lei si premette le dita sulle labbra, poi alzò il capo con orgoglio “Voi vi prendete gioco di me, signore” gli rispose. “Come potete amarmi? Non sono bella e neppure molto intelligente…”
“Shh, fate torto a voi stessa, dolce Kate. Siete spiritosa, intelligente e vivace e, anche se il mondo non vi definirebbe bella, ai miei occhi siete splendida”
“Allora forse mi amate davvero!” replicò la fanciulla scoppiando a ridere. “Non si dice forse che la bellezza sta negli occhi di chi guarda?”
Ma che scena romantica! Viene proprio da piangere!  E, in seguito, dopo averle chiesto di sposarlo le dice anche che subito dopo partirà per altre imprese. Al disappunto di lei nel ritrovarsi novella sposa abbandonata le risponde che se avesse desiderato un marito che le stesse accanto doveva sposare il suo amico Bryne.
Insomma in tutto e per tutto una coppia mal concepita.
Ma non è solo questa a rendere letteralmente noioso libro. È anche la trama molto confusa e contorta. Il calice, protetto dalla ragazza fa gola a tanti che continuamente attentano alla sua vita. A un certo punto Katherine viene rapita e per circa 20 pagine si assiste a rapimenti, fughe, nuove catture con la protagonista sballottata da un luogo all’altro e con il protagonista che cerca di recuperarla e la manca sempre per poco!
Quando finalmente Alain la ritrova e lotta per liberarla deve subire la sua avversione per il fatto che con la sua avversione per il fatto che con il suo combattimento ha provocato dei morti.
Ma dico io, Katherine, vivi nel Medioevo lo saprai pure cosa è un cavaliere e che la guerra porta a dei morti?
Ti sei fatta rapire da chiunque passasse nei pressi di casa tua e ora pretendi che il tuo cavalier servente ti liberi senza causare morti? Insomma Anne Herries ha voluto complicare ulteriormente il suo racconto inutilmente, visto che, a mio avviso, era durata anche troppo.
Per non parlare del finale, in cui il Santo Graal acquista dei poteri magici e libera i protagonisti del loro nemico, in un batter d’occhio. Senza voler essere blasfema, la luce divina poteva intervenire prima!
Mi sembra di aver detto abbastanza, e mi sembra che si sia capito che questo libro non mi è assolutamente piaciuto. Se L’onore del cavaliere era passabile, questo è proprio tremendo, noioso, noioso, noioso. E-VI-TA-TE-LO!

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