domenica 31 maggio 2020

CANDANCE CAMP: Progetti di matrimonio



Inghilterra, 1817

Benché la bellissima lady Calandra appartenga a una delle famiglie più ricche e in vista dell’aristocrazia inglese, nessun pretendente si è fatto avanti per chiedere la sua mano. Il che non è certo sorprendente, se si pensa che l’avvenente fanciulla è la sorella minore dell’austero Duca di Rochford: con il suo atteggiamento protettivo, il temibile gentiluomo è riuscito a scoraggiare ogni suo corteggiatore a eccezione del misterioso Conte di Bromwell. Così, per non perdere l’ultima e forse unica occasione di accasarsi che le si presenta, l’esuberante Callie decide di fare di testa propria e accetta di rivedere il temeraio ammiratore all’insaputa del fratello. Forse, però, Rochford aveva un valido motivo per metterla in guardia contro l’affascinante conte!

domenica 24 maggio 2020

JOHN WILLIAMS: Augustus


Sono le Idi di marzo del 44 a.C. quando Ottaviano, diciottenne gracile e malaticcio ma intelligente e ambizioso quanto basta, viene a sapere che suo zio, Giulio Cesare, è stato assassinato. Il ragazzo, che da poco è stato adottato dal dittatore, è quindi l’erede designato, ma la sua scalata al potere sarà tutt’altro che lineare. John Williams ci racconta, il principato di Ottaviano Augusto e i fasti e le ambizioni dell’antica Roma attraverso un abile intreccio epistolare, documenti, diari e invenzioni letterarie da cui si scorgono i profili interiori dei tanti attori dell’epoca, i loro dissidi, le loro debolezze: l’opportunismo di Cicerone, la libertà e l’ironia di Orazio, la saggezza di Marco Agrippa, la raffinata intelligenza di Mecenate, ma soprattutto l’inquietudine di Giulia, una donna profonda e moderna, che cede alla lussuria quanto alla grazia, In Augustus che valse all’autore il National Book Award nel 1973, protagonista è la lingua meravigliosa di Williams che ci restituisce a pieno lo spirito della Roma augustea. Un capolavoro della narrativa americana che, fra ricostruzione storica, finzione e perfezione stilistica, non manca mai di dialogare con il presente, in cui la grande storia è lo spunto per riflettere sulla condizione umana, sulle lusinghe del potere e sulla solitudine di chi lo esercita.
Trama: la trama è facilmente desumibile, è una ricostruzione della vicenda storica di Cesare Ottaviano Augusto, dalla giovinezza segnata da una successione inattesa ai più, fino alla costruzione di un immenso e solido impero. Ampio spazio viene dato agli intrighi e alle ritualità per la detenzione del potere. La prima parte ripercorre la giovinezza nonché le difficili scelte per consolidare il potere contro i rivali. La seconda parte dà voce alla difficoltà, durante gli anni del governo, e la necessità di fronteggiare anche i molti problemi e intrighi che si venivano a creare in seno alla famiglia. La stessa parte, infine, dà voce direttamente ad Augusto e a una sua analisi finale del suo operato.
Personaggi: Ho molto apprezzato il fatto che in questo libro si ricostruisce la figura del primo imperatore attraverso molteplici voci, mai la sua se non a fine libro, in maniera tale da costruire un’immagine dello stesso sfaccettata, anche ricca di sfumature. Nello stesso tempo mi è piaciuta la capacità di caratterizzare, di dare vita, voce e spessore ai vari personaggi che facevano parte della cerchia di Augusto, tanti dei quali sono noti per i loro meriti ma poco approfonditi, almeno negli studi scolastici. Il personaggio che ho apprezzato di più è stato Giulia perché l’autore ha saputo ricostruire l’immagine di questa fanciulla, poi donna, usata per le strategie politiche del padre ma che quando ha cercato di circoscriversi un proprio spazio di libertà, rimane invischiata in un gioco più grande di lei. Ci racconta la sua storia e i suoi amori nel doloroso esilio a cui l’ha costretta il padre stesso. Mi è piaciuta la chiave di lettura data: Augusto la condanna all’esilio non tanto per dimostrare il suo rispetto verso le leggi da lui volute quanto per risparmiarla da un destino ancora più crudele. Naturalmente l’immagine di Tiberio, ma anche di Livia, ne esce fuori particolarmente male.
Stile: L’autore sceglie una pluralità di voci e una pluralità di modalità di comunicazione. Lo stile e il linguaggio sono fluidi, eleganti, scorrevoli. Ho trovato, però, che fosse un po’ troppo uniforme, tutte le voci si assomigliano. Si scostano un po’ solo le ultime pagine affidate alla voce di Augusto.

domenica 17 maggio 2020

NICCOLÒ AMMANITI: Che la festa cominci


Nel cuore di Roma, il palazzinaro Sasà Chiatti organizza  nella sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici, attricette, calciatrici, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, inghiottiti in un’avventura dove eroi e comparse daranno vita a una grandiosa e scatenata commedia umana. L’irresistibile comicità di Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso che non ci abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e sentimenti. E soli, ala fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.
Trama: Si tratta dell’Ammaniti che si lascia andare alla sua ironia contro la cultura pop e la società dell’apparenza (in un’era pre Instagram), alla sua passione per l’assurdo con un filo di splatter. Lo spunto della trama è davvero buono e ha un’evoluzione verso l’assurdo tale che il lettore non sa più dove l’autore vuole andare a parare. Più si va avanti e meno si riesce a credere al livello di incredibile raggiunto. Naturalmente la trama ha un valore soprattutto metaforico:  la grande festa con la varia umanità che ruota attorno allo star system ma anche all’elite politico ed economica (con tutti i loro intrecci) è chiaramente ispirata alla realtà, tanto più a quella della mondanità romana. Ma la vanità, l’ipocrisia che essi rappresentano riguarda l’umanità in generale. Nel corso del libro assistiamo al loro abbrutimento e, nello stesso tempo, all’incapacità di perdere la fatuità, anche nelle peggiori situazioni.
Personaggi: Si alternano tanti personaggi, una varia umanità come ho detto in precedenza. Vari tipi umani. Dallo scrittore in piena crisi, non compreso dall’agente e dalla casa editrice, che ha perso  la vena creativa, che ci illude sempre di essere una persona migliore di quella che è, per poi deluderci immediatamente dopo. Decisamente spiazzante è il gruppo degli appartenenti alla setta delle Belve di Abaddon. Sono dei poveri disperati, che cercano una volontà di affermazione. Inizialmente risultano particolarmente comici perché da una parte pianificano il sacrificio umano, dall’altra devono affrontare le piccole difficoltà della vita quotidiana. Rappresentano, secondo me,  le frustrazioni della gente comune in questa nostra società dell’apparenza.
Stile: Piacevole lo stile comico, ironico dell’autore. Inizialmente esso risulta piacevole e avvincente, molto divertente. Con l’andare avanti della lettura, però, tutto inizia ad apparire un po’ eccessivo, un po’ sempre sopra le righe e può rischiare di stancare.

domenica 10 maggio 2020

JO GOODMAN: Bacio proibito


Emmalyn Hathaway, povera e senza dote, ha dalla sua solamente uno zio generoso e una cugina ribelle. Eppure, dall’ombra, qualcuno continua a tramare contro di lei: minacce, tentativi di rapimento, addirittura un attentato alla sua vita. Emmalyn non ha scelta, deve chiedere protezione. A farsi avanti è Restell Gardner, avventuriero temerario che non esita a ergersi a sua difesa. A condizione di scendere a patti con i sentimenti e i desideri che Emmalyn scatena in lui fin dal primo sguardo.

domenica 3 maggio 2020

SVETLANA ALEKSIEVIC: Preghiera per Chernobyl


Questo libro non parla di Chernobyl, in quanto tale, ma del suo mondo. Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. A interessarmi non era l’avvenimento in sé, vale a dire cosa era successo e per colpa di chi, bensì le impressioni, i sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l’ignoto. Il mistero di Chernobyl è un mistero che dobbiamo ancora risolvere… Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, destini, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Chernobyl è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro e anche attorno, e non solo l’acqua e la terra. Tutto il loro tempo. Questi uomini e queste donne sono stati i primi a vedere ciò che noi possiamo soltanto supporre… Più di una volta ho avuto l’impressione che in realtà io stessi annotando il futuro” (Svetlana Aleksievic)
Mi sono impelagata in una lettura non propriamente rilassante, o estiva come si usa dire, ma la qual cosa non mi è dispiaciuta. Questo libro aveva bisogno di adeguata concentrazione. Anche di una certa preparazione emotiva perché indubbiamente ce n’è bisogno per poter andare avanti. Come ha spiegato l’autrice, questo libro non intende spiegarci gli eventi, né le cause, ma le conseguenze che quelli hanno avuto sulla vita di migliaia di persone, sia nell’immediato (evacuazioni di massa, abbandono delle proprie case e comunità) che nel lungo termine (malattie e decessi per contaminazioni). U una prima lettura del sentimento di angoscia e disperazione dei tanti bielorussi coinvolti, si aggiungono anche tanti riferimenti alle inadempienze, speculazioni e frodi dei governi dell’epoca ai danni della popolazione. Il sentimento che più mi ha sorpresa è il senso del dovere nei confronti della comunità, assimilabile alla dedizione che il popolo sovietico aveva dimostrato in guerra. Cosa ho provato io? Un senso di angoscia e qualche vago ricordo di me bambina che sentiva i discorsi relativi a questo disastro, capendone solo una minima parte, ma percependo il senso del pericolo.
PERSONAGGI: Naturalmente sono i vari protagonisti intervistati dall’autrice che compongono un mosaico sfaccettato. Si va dai soldati richiamati, i liquidatori, gli abitanti costretti ad abbandonare tutte le loro case, ma anche scienziati e tecnici consapevoli e inascoltati. E poi i bambini…
STILE: La formula narrativa più volte usata dalla Aleksievic è quella del romanzo-testimonianza. Più voci si sommano per darci il quadro di una vicenda, attraverso diversi punti di vista. Questa modalità, per me la prima con la quale leggo un libro di non-fiction non mi è stata del tutto congeniale. Non so se ciascuna di queste voci fossero tutte strettamente necessarie, a tratti mi ha dato la sensazione di essere ripetitivo e che nulla aggiungesse alla drammaticità e crudezza dei fatti narrati.