domenica 29 novembre 2020

TRACY CHEVALIER: L’ultima fuggitiva

 

È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull’Adventurer, un grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol per l’America. L’aria smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata, nell’istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset. Troppo grande è il mare e troppo lontana è Faithwell, il villaggio dell’Ohio in cui Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla in sposa. L’irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l’intento di lasciarsi alle spalle l’angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all’altrui compassione l’ha spinta a seguire la sorella al di là del mare.

Una volta giunta in Ohio, tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le misere mura di un abergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall’amato Dorset. Non le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell, tuttavia, viene accolta con freddezza dall’uomo e dalla cognata vedova. Nel paese, poi – una fila di edifici ai bordi di una strada sconnessa, con una drogheria, una bottega e alcune fattorie nella campagna circostante – le persone sono amichevoli, ma con una schiettezza che rasenta la brutalità.

A turbare l’equilibrio di Honor non è, però, la vita sociale di Faithwell, ma qualcosa di più grande che riguarda l’America della metà del XIX secolo, il paese in cui i neri sono ancora ridotti in schiavitù. Il villaggio si trova, infatti, nei pressi di un crocevia dove si accalcano i coloni diretti a ovest in cerca di terra da coltivare, gli schiavi in fuga verso nord e i cacciatori di schiavi pagati dai proprietari di piantagione per riportare indietro i fuggitivi. Tra questi Dondan, un uomo sfrontato e attraente, con gli occhi di un castano chiaro che spiccano nel viso squadrato e una durezza senza pari nello sguardo.

Per non venire meno ai saldi principi di rettitudine cui è stata educata in Inghilterra, Honor decide di aiutare gli schiavi in fuga. Comincia di nascosto a offrire loro acqua e cibo e, in qualche caso, riparo. Sarà, tuttavia, abbastanza guardinga da non tradirsi? E, soprattutto, saprà resistere alla tentazione più grande? Quella di cedere a un uomo i cui principi detesti, ma che è l’unico in grado di rimescolarle il sangue nelle vene?

Romanzo che conduce il lettore nel cuore dell’America schiavista, dove i grandi temi della crudeltà e dell’eroismo, dell’onore e della passione, della viltà e del coraggio trovano un fertile terreno, L’ultima fuggitiva è una splendida conferma del talento dell’autrice della Ragazza con l’orecchino di perla.

Questo libro non mi ha colpita particolarmente. Ho avuto la sensazione che l’idea fosse buona ma la realizzazione poco efficace. Sulla trama non aggiungo altro: essa, a mio parere, ha alcuni passaggi poco motivati. Se Honor non si trova bene in America perché non torna nel Dorset? Solo perché soffre di mal di mare e ha paura di riaffrontare la traversata? Poco plausibile. Perché, poi, inizia ad aiutare gli schiavi fuggitivi? Per spirito caritatevole? In fondo la risposta è intuibile alla fine e può essere considerata valida, ma non viene adeguatamente preparata e motivata.

Non ho particolarmente apprezzato i personaggi né la protagonista, che per la maggior parte dei casi ho trovato un’inglese snob che, pur continuando a disprezzare il nuovo ambiente in cui si trova, non fa nulla per cambiare la sua situazione e fa delle scelte che appaiono immotivate. Ci sono dei personaggi secondari interessanti che, a mio parere, dovevano essere sviluppati di più e meglio perché si intuiscono in loro delle ombre interessanti.

Infine, posso dire di non aver ritrovato in questo libro la magia del La ragazza con l’orecchino di perla.


domenica 22 novembre 2020

BRENDA JOYCE: Vittime del peccato

 

New York, 1902. Francesca Cahill ai tè con le dame dell’alta società newyorkese preferisce combattere il crimine. Il suo talento di investigatrice privata la porta a indagare su alcune cruente aggressioni, avvenute nei bassifondi della metropoli a danno  di giovani donne. Le prime due vittime sono sopravvissute, mentre per la terza si tratta di omicidio. Sembra proprio che per le strade di New York si aggiri un serial killer e Francesca non si darà per vinta finché non lo avrà fermato. Sembra che l’unica pista da seguire non porti a niente. Che cosa hanno in comune le vittime, oltre a essere giovani e irlandesi? Il tempo stringe, la paura ormai dilaga per le strade del quartiere. C’è un pazzo da catturare.


domenica 15 novembre 2020

BJORN LARSSON: La lettera di Gertrud

 

È spargendo al vento le ceneri della madre che Martin Brenner, genetista all’apice di una brillante carriera, marito e padre felice, comincia ad interrogarsi sul suo rapporto con lei: perché ha sempre sentito che un velo si frapponeva tra loro? Scoprirà il motivo in una lettera che lei gli ha lasciato: quello che li divideva era un segreto. Sua madre non si chiamava Maria, ma Gertrud, ed era un’ebrea sopravvissuta ai lager. Glielo aveva nascosto per proteggerlo, ma anche per lasciarlo libero di scegliere, da adulto consapevole, la propria identità e la propria vita. Ma qual è la scelta davanti a una rivelazione così scioccante? E cosa vuol dire poi essere ebreo? Con il razionalismo dello scienziato, Martin si getta in ogni genere di letture, ricerche, discussioni con l’amico Simon e il rabbino Golder, per poter decidere: tenere il segreto o accettare la sua ebraicità, sconvolgendo non solo la propria esistenza, ma anche quella della sua famiglia, nonché quel quieto rapporto di “reciproca indifferenza” che ha sempre avuto con Dio? Ed è davvero libero di scegliere o è in realtà costretto ad accettare una definizione che per un genetista, e ateo, non ha alcun significato, è un’apparenza che non sente? Con la sua capacità rabdomantica di captare i grandi temi del presente e trasformarli in storie da leggere d’un fiato, Bjorn Larsson affronta uno dei grandi equivoci di oggi – l’identità elevata a vessillo di divergenza e inconciliabilità e l’appartenenza come bisogno primordiale eretto a muro divisorio – per rivendicare il diritto di ognuno di essere guardato e giudicato per l’unica vera identità che abbiamo: quella di singole persone.

Non sarà facile per me parlare di questo ultimo libro letto. È stata per me un’esperienza del tutto nuova sia per quanto riguarda la tematica, sia per quanto riguarda lo stile. Partiamo dalla tematica: la ricerca di identità, e il rapporto tra eredità genetica, ambiente in cui si è cresciuti e di vive e il libero arbitrio. Queste tematiche sono declinate nella vicenda del protagonista che deve venire a patti con la sua origine ebraica che gli è stata nascosta per buona parte della sua vita. Mi ha colpito molto il gesto, comunque d’amore, di Gertrud di lasciare, anche se dopo la sua morte, al figlio la libertà di scegliere chi essere e cosa fare delle sue radici.

Inevitabilmente, a questo argomento si collega una riflessione del protagonista sull’antisemitismo e sull’Olocausto. Dopo attente e approfondite riflessioni, Martin arriva a fare delle interessanti conclusioni su antisemitismo, sionismo, responsabilità dello Stato di Israele. La parte finale, in tutta sincerità, mi ha fatto piuttosto male perché non capivo e non trovavo giusto che il protagonista dovesse affrontare certe cose. Tutto alla fine trova un senso.

Per quanto riguarda lo stile, avrei un paio di cose da dire. Il libro si divide in tre parti. La prima è a tutti gli effetti un romanzo raccontato in terza persona da un narratore esterno. In essa non avviene chissà quale trama sconvolgente ma viene ricostruito tutto il lavorio intellettuale di Martin all’indomani della sua scoperta. Non mi vergogno a dire che questa prima parte è stata a tratti estremamente pesante e difficile da seguire: riferimenti bibliografici ardui ma soprattutto una lucida riflessione su temi complessi quali le genetica, il libero arbitrio, il sionismo…

Le ultime due parti, invece, danno voce direttamente a un ipotetico scrittore a cui Martin chiede di scrivere la sua storia. Questa è una sezione un po’ destabilizzante perché ti fa rivedere in maniera diversa quanto letto in precedenza. Soprattutto lascia costante al lettore il dubbio se quello letto sia o meno una storia vera e questa cosa ti fa gelare il sangue perché, razionalmente, penseresti che non sia possibile che a una persona capiti tutto questo solo per il fatto di essere di origine ebrea. L’ultima parte, infine, non mi è piaciuta particolarmente perché, per quanto efficace, ha risolto in maniera, secondo me, banale la vicenda.


domenica 1 novembre 2020

CINZIA GIORGIO: La collezionista di libri proibiti (Newton&Compton)

 

Toccante come Storia di una ladra di libri. Un esordio sorprendente. Dalla bottega di un antiquario di Venezia a una famosa casa d’aste a Parigi…

Venezia, estate 1975. Olimpia ha solo quindici anni quando conosce Anselmo Calvani, proprietario di una storica bottega d’antiquariato. È un incontro decisivo, Anselmo intuisce subito l’intelligenza e la sensibilità della ragazza e la incoraggia a seguire la sua inclinazione. Giovanissima ma già appassionata lettrice, Olimpia comincia a frequentare il suo negozio, a lavorare lì e, con il suo aiuto, inizia a collezionare preziosi libri messi all’indice dalla Chiesa. Mentre cresce la sua passione per quei volumi antichi, anche quella per Davide,  il nipote di Anselmo, segreta e non dichiarata, brucia l’animo della ragazza. È una notte, sospinti dalla lettura dei versi erotici di una cortigiana veneziana i due cedono ai loro sentimenti…

Parigi, estate 1999. Olimpia vive ormai nella capitale francese. Ha aperto una casa d’aste, specializzata in libri e manoscritti antichi, tra le più quotate ed eleganti della città. Ogni anno riceve da Davide uno strano regalo: un pacchetto che contiene lettere un tempo censurate, insieme a un libro considerato in passato “proibito”, di cui Olimpia riconosce il grande valore. Sono l’eredità di Anselmo… Ma come poteva un modesto antiquario veneziano esserne in possesso? E che legame c’è tra quelle lettere e la bottega da cui provengono? Un esordio straordinario. Una scrittura magnifica. Un talento inaspettato. Un romanzo d’amore e di mistero, sul potere delle parole e dei libri, da un’autrice italiana il cui talento saprà conquistare i lettori.

Questo libro non l’ho proprio capito. Sinceramente, non ne ho capito il senso, il messaggio che vi sta alla base, che secondo me non c’è. Nel senso che, a mio avviso, è solo un’accozzaglia di eventi relativi a un personaggio che non costituisce una chiara e significativa evoluzione. A parte il voler comunicare la passione per i libri, quasi una venerazione, da parte della protagonista e anche uno sfoggio di conoscenze da parte dell’autrice, non  ci ho ritrovato molto altro.

Le parti in cui si raccontava la storia di Veronica Franco e le sue lettere (immaginate dall’autrice) o si parla di altri libri posti in passato all’Indice mi sono risultate di un didascalico quasi insopportabile. I personaggi sono del tutto inconsistenti, non mi hanno trasmesso proprio nulla. La storia d’amore è piuttosto scontata. Olimpia non ha nulla di speciale che giustifichi l’affetto, il rispetto che la circonda. Davide è un personaggio maschile piuttosto pallido. Ma vogliamo parlare della banalità della ricca collezionista che si chiama Peggy Goldstein, come qualcun altro che ci ricordiamo tutti abbastanza bene?

E, per finire, anche il grande mistero dell’eredità che non era un mistero per nessuno, tranne che per Olimpia.