martedì 29 aprile 2014

CHRISTINA DODD: Magica dimora

TITOLO: Magica dimora
AUTRICE: Christina Dodd
TITOLO ORIGINALE: A Well Favored Gentleman
USCITA ITALIANA: RM 1075, aprile 2014
GIUDIZIO PERSONALE: 2/5
"VOLETE UN LIBRO STRAORDINARIO? CHRISTINA DODD E' UNA GARANZIA" Jill Barnett
Per anni si è creduto che lady Alanna MacLeod, erede di Fionnaway, fosse scomparsa. Ma la notte in cui ian Fairchild mette piede nella tenuta per reclamarla come propria dimora, l'enigmatica Alanna esce allo scoperto per affrontarlo. Ora Ian potrà entrare in possesso dell'amato luogo dell'infanzia solo sposandola, ed è quindi determinato ad attirarla in una trama di seduzione sensuale e appassionata. Ma affinché l'amore possa davvero unirli, Ian dovrà curare le ferite che Alanna cela dentro di sé, nonché accettare di affidarle il meraviglioso, magico mistero della propria nascita...
Che delusione questo libro! Lo avevo aspettato con così tante speranze che sono andate tutte completamente deluse. Perché lo avevo aspettato con ansia? Perché è il seguito di Il diario si Lady V. Che avevo amato tantissimo e perché già lì compariva Ian Fairchild, il protagonista di questo libro e mi ero aspettata molto di meglio dalla sua storia.
La trama ha un tocco di magico. Ian Fairchild si è recato in Scozia perché il padre è in punto di morte e lui prevede di ereditare da lui la tutela sulla proprietà di Fionnaway. La sua legittima erede, Alanna MacLeod, è scomparsa da tempo, ma lui prevede il suo ritorno e intende sedurla e sposarla. Quando la scopre sotto le mentite spoglie della strega del villaggio inizia la sua opera di seduzione...
Di questo libro NON mi è piaciuto:
  • la trama in generale perchè ho trovato che a volte rasentasse il ridicolo. Per cominciare dalla scena di seduzione di Alanna, mentre lei è sotto l'effetto di un filtro, una pozione o una droga che lei stessa ha preso. Per proseguire con la scena in cui decidono di sposarsi a quella in cui si scopre che Ian sarebbe un figlio illegittimo. Non sto parlando del tema di ian figlio di una selkie perché so bene che quella è una leggenda tipicamente scozzese. Mi riferisco proprio alla modalità con cui è stata costruita la trama. Non ultimo l'ho trovata particolarmente noiosa.
  • Non mi è piaciuta per niente Alanna perché l'ho trovato un personaggio totalmente anonimo. Fugge dalle attenzioni di Lewis Fairchild e passerebbe ben quattro anni nascondendosi e poi Ian la scopre immediatamente. Di lei non capiamo un granché. Che carattere ha? Capiamo vagamente che è forte e coraggiosa, ma di lei l'autrice non ci dice quasi nient'altro. È un personaggio totalmente esteriore la cui psicologia non è stata per nulla sviluppata, a parte il fatto che certe sue reazioni risultano incomprensibili.
  • Deludentissima la figura di Lewis Fairchild che è un cattivo terribile, diabolico, antipaticissimo. Mi ricordavo i vecchi Fairchild nel precedente libro che erano dei simpatici vecchietti, maliziosi e sporcaccioni. C'era già l'anticipazione del fatto che Lewis era un padre che trascurava il figlio, ma non era assolutamente così cattivo. Francamente era un personaggio molto più interessante in quella modalità, qui è semplicemente un personaggio monocorde che non guarda niente e nessuno per i propri fini.
Di questo libro mi è piaciuto:
  • Ho trovato almeno accettabile Ian perché di lui intuiamo almeno il tormento che avrebbe provato per essere considerato un mostro a causa delle sue origini, per il fatto di essere stato abbandonato dalla madre e di essere sempre stato scarsamente considerato dal padre. Almeno riusciamo a captare tutto ciò, anche se poteva essere sviluppato un po' meglio.
  • Mi piace comunque la scrittura dell'autrice perché ha un periodare ampio, un bel lessico e una bella capacità di evocare immagini, paesaggi. Ogni tanto, purtroppo poco, emerge quell'ironia che era stata tanto forte nel primo volume della serie. La sua bravura resta innegabile anche se messa al servizio di una trama davvero deludente.
SERIE WELL PLEASURED
  • IL DIARIO DI LADY V
  • MAGICA DIMORA

giovedì 24 aprile 2014

CONNIE MASON: Il sapore del paradiso

TITOLO: Il sapore del paradiso
AUTRICE: Connie Mason
TITOLO ORIGINALE: A Taste of Paradise
USCITA ITALIANA: GRS 633, maggio 2008
GIUDIZIO PERSONALE: 1/5
Inghilterra – Giamaica, 1831
Per sfuggire a uno dei numerosi creditori del fratello che la molesta, una sera Sophie Carlisle si nasconde su una nave ancorata nel porto di Londra, pensando di scendere a terra inosservata la mattina seguente. Al risveglio, però, scopre che la nave è ormai in mare aperto e, come se non bastasse, al timone rivede Christian Radcliff, l'uomo che sette anni prima, dopo essersi battuto in duello per lei e aver ucciso il rivale, aveva preferito imbarcarsi piuttosto che sposarla e affrontare lo scandalo suscitato da quel drammatico epilogo. Ma durante la lunga traversata verso i Caraibi, nelle tiepide notti rischiarate dalla luna, il doloroso passato sembra così lontano che per Sophie è facile cedere all'antica passione. Soprattutto quando il bacio del suo capitano ha il sapore del paradiso.
Ancora una volta questa autrice non mi è piaciuta affatto, neanche un poco. Ma devo davvero risolvere a non comprare più nulla di suo.
La trama è la solita storia, ambientata nelle Indie occidentali con il proprietario di una piantagione, in questo caso di canna da zucchero. Come al solito c'è un lui cattivissimo e spietato con una lei sprovveduta che deve scontare una terribile colpa del suo passato. Nel caso di Sophia Carlisle ha provocato un duello tra Christian Radcliff e il suo migliore amico, Desmond, causando la morte di quest'ultimo. Dopo ciò lei e Christian non si sono sposati. Ora, a sette anni di distanza, lei deve sfuggire ai tentativi del fratellastro indebitato di venderla al miglior offerente. Si nasconde proprio nella nave di Christian che la porta con sé in Giamaica.
Di questo libro NON mi è piaciuto:
  • Christian è il solito protagonista maschile della Mason che più che un uomo alfa è un uomo dispotico e assurdo che accusa Sophia di qualsiasi cosa, senza avere né una precisa prova, né una precisa motivazione. Per lo meno del passato si intuisce che Sophia avrebbe incoraggiato Christian per poi fidanzarsi con Desmond e la cosa sarebbe finita col duello. Nemmeno per un secondo gli viene il dubbio che le cose siano più complicate di quanto pensa. Passano gli anni e nonostante capisca che la ragazza non ha fatto altro che restare chiusa nella casa in campagna continua a considerarla una poco di buono e la tratta inspiegabilmente male.
  • Sophia è altrettanto inutile e inspiegabile come protagonista. È una figura pallida che si colloca a metà tra la ribellione mai perfettamente riuscita, capricci assurdi e un atteggiamento supino. È una macedonia di tutto questo, senza che nulla le riesca: si intestardisce a fare qualcosa e poi non le riesce mai ed è sempre sballottata qua e là per volontà altrui.
  • La storia d'amore in sé è totalmente incredibile perché non ha una premessa chiara: non si capisce la portata e la profondità del sentimento che avevano da ragazzi. Non ho neanche una chiara evoluzione nel corso del libro: i due non fanno altro che litigare per poi scoprirsi disperatamente innamorati.
  • Non mi è piaciuto lo stile dell'autrice. In sostanza, prevalgono i dialoghi, manca la descrizione o la narrazione. Infatti le scene sono molto vivaci ma non fanno capire, o comunque, non consentono di approfondire il carattere dei personaggi. È tutto troppo esteriore, non c'è introspezione. Secondo me contribuisce a non presentare al meglio la storia in questione.
Di questo libro mi è piaciuto:
  • Posso dire di aver abbastanza apprezzato l'ambientazione esotica che trascinava con sé il tema dello schiavismo. Questo era un aspetto che, anche se non è originale e lo abbiamo già visto in altri libri, poteva essere interessante e andava analizzata un po' meglio e bisognava dargli più spazio.
Davvero pessimo!






martedì 22 aprile 2014

KASEY MICHAELS: Il ritorno di Rian

TITOLO: Il ritorno di Rian
AUTRICE: Kasey Michaels
TITOLO ORIGINALE: The Return of the Prodigal
USCITA ITALIANA: GRS 636 giugno 2008
GIUDIZIO PERSONALE: 1/5
Francia – Inghilterra, 1815
Ferito gravemente durante la battaglia di Waterloo e creduto morto dai famigliari, Rian Becket viene portato nella dimora dell'enigmatico Conte Beltrane, dove la bella Lisette lo aiuta a guarire dalle ferite del corpo e dell'anima. Un giorno, tuttavia, la sua avvenente infermiera dichiara di dover lasciare la villa per evitare le attenzioni lascive del padrone di casa e invita Rian a fuggire insieme a lei. Senza esitare il giovane accetta e le offre ospitalità a Becket Hall. Ma durante il viaggio, malgrado la prepotente attrazione che prova per la fanciulla, Rian inizia a sospettare che Lisette non sia davvero chi sostiene di essere e che abbia intenzioni assai diverse da quelle dichiarate. Possibile che sia la complice del peggior nemico della sua famiglia? E se così fosse, cosa potrebbe fare lui per contrastare la donna che è ormai padrona del suo cuore?
Un unico grido si solleva: basta con questi Becket! Probabilmente l'ultima storia darà una delle migliori, ma questa era davvero qualcosa di totalmente inutile nel complesso della serie, se non fosse per il fatto che porta avanti la vicenda che unisce tutta la serie e ritroviamo Edward Beales questa storia non avrebbe ragion d'essere. Si riprende il filo da dove lo avevamo lasciato ossia con Rian Becket che, come sospettavamo, non è morto, è stato a lungo malato, ha perso una mano ed è stato a lungo intontito dall'oppio che gli veniva somministrata. Ma ora la sua infermiera, Lisette Beatty ha deciso di farlo riemergere da quel torpore e di aiutarlo anche con il suo amore. In realtà le è stato chiesto, da parte del padre, di riaccompagnarlo a casa per scoprire dove si trovano tutti gli altri Becket...
Di questo libro NON mi è piaciuto:
  • Come ho già detto l'ho trovato del tutto superfluo, così come parecchi di questi libri della serie Becket in realtà. Per carità, grazie a questo episodio finalmente i Becket si trovano faccia a faccia (o quasi) con Beales, ma la storia di Rian praticamente non esiste: è un convalescente che deve tornare a casa, che inizia una relazione con la sua infermiera, che nel viaggio di ritorno supera qualche disavventura. È come se questo romanzo fosse un intermezzo tra episodi più importanti, almeno nel precedente c'era la battaglia di Waterloo, qui non succede nulla di rilevante davvero.
  • Rian è un eroe pallido, inadeguato a questo ruolo. Non ho riscontrato in lui né tutto quel fascino che gli si attribuisce da più parti, né l'irruenza giovanile, né tantomeno quel minimo di tormento che l'invalidità gli avrebbe dovuto dare. È come un inetto gestito da altri, ora da Lisette, così come per tutta la vita ha subito le imposizioni del padre e dei fratelli, da cui diceva di volersi liberare. Evidentemente non c'è riuscito. In lui non ravviso nessuno sviluppo psicologico.
  • Lisette avrebbe potuto essere un personaggio interessante, in quanto figlia e vittima di un uomo perfido. Rischia di diventarne complice, anche per il desiderio di conquistarne l'affetto. Il suo evidente tormento non viene adeguatamente trattato, bisognava che l'autrice (o il traduttore) si soffermasse di più sul dolore di aver trovato il proprio padre solo per scoprire che è un essere ignobile che ha perfino ucciso sua madre. Non mi piace che si sia infilata nel letto del protagonista, non si sa per quale motivazione.
  • Purtroppo, gli altri Bcket, che avrebbero potuto dare sostanza alla storia, si vedono poco e solo nella parte finale, che è infatti decisamente più vivace. Di fronte alla scarsa personalità di Rian c'era bisogno di molto altro!
Di questo libro mi è piaciuto:
  • Trovo che l'unico personaggio che sia stato adeguatamente sviluppato, che risulti vivo e vivace e che dia sprint alla storia sia solo Jasper. È un servo semplice d'animo e di pensiero ma ha quella umanità e quell'immediatezza che mancano sicuramente agli altri personaggi.
L'ho trovato un libro penoso!

SERIE: Becket
  • Ritorno a Becket Hall
  • Una debuttante pericolosa
  • Il segreto di Eleanor
  • Un matrimonio di convenienza
  • L’impavida Miss Becket
  • Il ritorno di Rian
  • L’ultima sfida dei Becket

martedì 15 aprile 2014

MARY LAWSON: Oltre il ponte

Arthur è un uomo affidabile e tranquillo, profondamente legato alla terra dove è nato, nella cruda bellezza del nord del Canada. Jake è affascinante e inquieto, incapace di trovare un posto nel mondo senza sconvolgere le vite degli altri. Arthur e Jake sono fratelli ma tra loro è sempre esistita una rivalità senza tregua fin da quando, bambini, si sono contesi l'affetto della madre. Una rivalità che sfiora la tragedia quando Jake, spericolato e incosciente rischia di morire cadendo da un ponte e Arthur, responsabile e accorto, questa volta non interviene. Tra loro si instaura un fragile equilibrio che resiste fino all'arrivo di Laura, per l'amore della quale i fratelli si separeranno definitivamente. Arthur rimane allora a occuparsi della fattoria di famiglia, mentre il fratello cerca fortuna in città. Ma quando, vent'anni dopo, Jake fa ritorno, riaffiorerà tragicamente l'antico e mai sopito antagonismo. Intriso di profonda sensibilità, il romanzo – attraversato dal dramma della seconda guerra mondiale - , è una narrazione delicata in cui gelosia, desiderio e ossessione creano una continua tensione emotiva e i complessi legami tra i protagonisti si inquadrano in una cornice di ineluttabile e struggente pathos.
Questo romanzo è stato una piacevole, insperata scoperta. Dalla quarta di copertina ero rimasta un po' perplessa perché mi sarei aspettata una vicenda melodrammatica di una donna contesa da due uomini alla “Vento di passioni” (o qualcosa di simile). Invece non accade nulla di tutto ciò. Il romanzo segue in parallelo le due vicende di due ragazzi nati e cresciuti in questa piccolissima città del Canada del nord che si chiama Struan, cittadina di invenzione, come precisa l'autrice. L'uno è Arthur, uomo schivo e taciturno la cui esistenza è continuamente messa alla prova da un fratello vivace, brillante, egoista e capriccioso, tutto il contrario di lui insomma! Da sempre il preferito della madre, Jake gode quasi nel mettere in ridicolo il fratello. Dall'altra parte c'è Ian, il figlio del dottor Christopherson, la sua storia si svolge in parallelo, anche se a distanza di circa 15/20 anni da quella di Arthur. Ian vuole lasciare Struan e non vuole continuare la tradizione professionale di famiglia. Si avvicina ad Arthur e alla sua famiglia perché segretamente innamorato di sua moglie Laura. Ma le giornate trascorse al fianco del taciturno Arthur saranno per lui molto più preziose di quanto avrebbe immaginato.
Questo libro è dominato da un desiderio di evasione da quei limiti dati dalla realtà geografica, difficile, di Struan, ma anche dai limiti dettati dalla piccola comunità di provincia. Tutto sembra andare sempre allo stesso modo e tutto sembra impermeabile alle novità: ne è un esempio Arthur che continua ad arare i propri campi con l'aratro aggiogato ai cavalli e si rifiuta di usare il trattore. Ma, d'altra parte, chi vuole tentare la fuga, e ci riesce come Jake, è destinato alla sconfitta, quindi forse è meglio restare attaccati alle proprie origini e a quel vecchio mondo solo così si resterà fedeli a se stessi.
Dappertutto emergono figure femminili piuttosto complicate e tutti i personaggi maschili non sono altro che all'inseguimento di una donna, moglie o mamma, che accolga e gratifichi il bisogno di affetto di ciascuno di loro. Ian è sempre alla ricerca della figura materna che ha perso, forse in questo si spiega la sua malia nei confronti di Laura; Arthur sente di non riuscire a conquistare l'affitto della moglie così come non era riuscito con la madre.
Tra tutti emerge e stringe il cuore la figura di Arthur, un uomo buono, generoso, ingenuo quasi da sembrare sciocco in balia di questo fratello minore diabolico. Preda di rimorsi per quell'unico episodio in cui non si è speso anima e corpo per lui causandogli un ferimento. Pur sembrando, rispetto a lui, uno stupido risulta molto più fallimentare e inutile la vita del fratello che non è riuscito a costruire nulla.
Sullo sfondo si colloca il paesaggio suggestivo di questo Canada dalla natura difficile da gestire, a volte ostile, che mette alla prova l'energia e l'esistenza dei protagonisti, ma è quella terra da cui tutti loro traggono la forza.

giovedì 3 aprile 2014

TITOLO: Un confine tra due cuori
AUTRICE: Paola Picasso
USCITA ITALIANA: I Romanzi 1022, ottobre 2012
GIUDIZIO PERSONALE: 1/5
SOLO IL CUORE PUO' RICONOSCERE IL VERO AMORE
Fuggita dalla Francia rivoluzionaria grazie a lord Jason Warren, Isabelle viene ospitata nella dimora del nobiluomo a Londra. Qui, a un ricevimento incontra Italo, patriota italiano in esilio, e tra loro scocca la scintilla. Uniti da passione e ideali, i due giovani decidono di accompagnare Jason in Francia, con l'intenzione di aiutarlo a trarre in salvo altre persone. Ma il pericolo è sempre in agguato e un traditore ordisce la cattura di Italo. Caduta nella disperazione, Isabelle scopre nell'amico Jason il caposaldo della sua vita, che le confessa però di essere a sua volta innamorato di lei. Per quale dei due uomini batterà più forte il suo cuore?
Un libro, a mio modesto parere, per nulla riuscito, per quanto mi sia riusultato noioso, lento e insulso. Come ho scritto più volte e tengo a ribadire, non trovo vincolante il fatto che sia opera di un'autrice italiana, è una storia poco accattivante e questo va sottolineato.
La storia è ambientata a fine Settecento, in pieno regime di Terrore. La protagonista Isabelle Montpellier, una nobile francese fuggita insieme alla famiglia in Francia, ma il suo sogno è quello di tornare nel suo paese per aiutare altri nobili a fuggire. L'unico che può aiutarli a realizzarlo è Jason Warren, che si è occupato della sua fuga. Insieme al nobile inglese, Isabelle conosce anche il giovane esule italiano Italo bentivegna che collabora alle missioni in Francia. Una volta passati nel paese francese, i due vengono lasciati soli ad occuparsi della passione e tra loro divampa la passione...
Di questo libro NON mi è piaciuto:
  • La trama, in generale, è talmente ingenua e piena di sviluppi troppo semplicistici che è davvero imbarazzante da raccontare. I due protagonisti si conoscono e poco dopo si baciano, dopo circa 50 pagine sono già innamorati e consumano la loro passione. Una giovane donna di nobili origini decide di impegnarsi nell'azione e subito viene ingaggiata, senza particolari perplessità sulla sua sicurezza e sulla sua reputazione. E potremmo continuare così per molto. A lungo andare sembra quasi che non sia abbia considerazione per l'intelligenza della lettrice.
  • Che senso ha la parte centrale del libro in cui Italo cade in depressione? Sua moglie ha rischiato di tutto per salvarlo, e lui si arrabbia perchè era vestita in maniera discinta. Gli raccontano che l'hanno portata via disperata e quasi pazza, credendolo morto e lui la colpevolizza ritenendola una traditrice. Quando si incontrano di nuovo e lei gli rivela l'esistenza della figlia che hanno avuto, lui la respinge di nuovo senza motivo. Sembrano episodi messi lì senza nessun criterio.
  • Questi personaggi principali, Isabelle e Italo chi sono? Cosa li caratterizza? Di loro non capiamo nulla. La donna dovrebbe una testarda, temeraria, poi non è altro che una sciocca donna abbastanza sballottata qui e là dagli eventi. Nessun particolari elemento psicologico la caratterizza e mi pare ben definito in lei. Italo è altrettanto ambivalente: prima un giovane coraggioso e spavaldo e poi l'ombra di se stesso, in preda alla depressione. Io personalmente, ma può essere una mia ottusità, non ho capito da cosa possa essere stata generata. Forse dalla malattia e dalla debolezza fisica?
  • In generale, il ritmo della narrazione è noioso, poco fluida, poco agganciato troppo pieno di salti temporali, piuttosto artificioso sia nella narrazione che nei dialoghi che, a mio parere, sono banali e poco realistici. Per quanto riguarda la scrittura ho trovato che essa fosse prevalentemente piatta e banale e poi, ogni tanto, l'autrice si lasciasse andare a momenti circoscritti in cui ambiva a elevare il tono.
Di questo libro mi è piaciuto:
  • fondamentalmente solo la copertina e il fatto che non fosse eccessivamente lungo, dato la noia che generava.