TITOLO: Il bosco dei biancospini
AUTRICE: Maeve Binchy
TITOLO ORIGINALE: Whitethorn Woods
EDIZIONE ITALIANA: Sperling&Kupfer 2008
GIUDIZIO PERSONALE:
Tutto sta cambiando a Rossmore: non è più il sonnacchioso paesino della campagna irlandese da cui i giovani fuggivano in cerca di fortuna. Oggi è un villaggio prosperoso, così vivace che il nuovo piano urbanistico prevede la costruzione di un’autostrada. Gli abitanti si dividono tra favorevoli e contrari. Ma Padre Flynn, il giovane curato, è preoccupato soprattutto per la sorte del pozzo dedicato a Sant’Anna, che l’autostrada minaccia di distruggere. Da generazioni la gente accorre in questo luogo incantato in mezzo a un bosco di biancospini, che secondo una leggenda ha proprietà miracolose, per condividere sogni e paure, per trovare conforto o anche solo per un momento di preghiera. E Padre Flynn si sente responsabile della loro felicità. Il pozzo è il luogo attorno a cui si incrociano le storie dei protagonisti di questo romanzo: storie tragiche, come quella di Lilly Ryan a cui hanno rapito la figlia, e a lieto fine, come quella di Vera, la zitella che si iscrive a una vacanza per single e s’invaghisce di un uomo più giovane di un uomo più giovane. Per salvare le sorti del pozzo ci vorrebbe un miracolo! Invece sarà Neddy Nolan, un tempo considerato lo scemo del villaggio, a sventare la catastrofe: perché a volte anche gli esseri umani sanno compiere miracoli, con la sola forza della speranza e dell’amore.
Romanzo deludente e, a tratti, noioso oltre ogni descrizione. Mi piaceva l’idea del romanzo ambientato in Irlanda che parlasse di una fonte sacra, immaginavo la tipica atmosfera misteriosa, magica dell’isola celtica. Invece non ho trovato nulla di quello che mi aspettavo.
L’ambientazione è quella dell’Irlanda in enorme espansione economica (prima della crisi del 2009!) in cui un piccolissimo centro di Rossmore, un paesino da cui gli abitanti fuggivano per trovare lavoro in Inghilterra, si sta espandendo molto velocemente. A questo sviluppo si aggiunge il progetto di costruire una grande strada che lambisca il paese ma che passi all’interno del Bosco dei biancospini, dove si trova il santuario di Sant’Anna che gli abitanti venerano da sempre e a cui chiedono di esaudire dei desideri. Di fronte alla possibilità che il santuario venga distrutto gli abitanti si dividono tra favorevoli, per le molte opportunità economiche che la strada porterebbe, e contrari, perché desiderosi di mantenere il luogo sacro.
Il giovane curato di Rossmore decide di non prendere posizione, anche perché istintivamente non crede nei poteri miracolosi del santuario. Il libro presenta le varie voci degli abitanti, e non solo, di Rossmore che raccontano come la fonte abbia cambiato la loro vita. Il libro, quindi, è composto da capitoli in cui due personaggi raccontano in prima persona la loro versione di un fatto.
È proprio questa scelta stilistica che non mi è piaciuta perché dava un senso di frammentarietà, oltre a creare un caos tra tutti i personaggi presentati di cui, inevitabilmente, alla fine non ti ricordi la storia. Non ti permette di affezionarti ai personaggi.
I vari capitoli sono tenuti insieme dalla cornice in cui Padre Brian Flynn assiste e interviene nelle vicende dei suoi parrocchiani di Rossmore e, in qualche modo, la sua vita si intreccia a quella di molti dei protagonisti dei piccoli racconti.
Ogni capitolo ha la struttura di una novella con una vicenda, tutto sommato, semplice e dal finale a sorpresa.
Tutto ciò mi ha portato a non entrare totalmente nella storia raccontata.
AUTRICE: Maeve Binchy
TITOLO ORIGINALE: Whitethorn Woods
EDIZIONE ITALIANA: Sperling&Kupfer 2008
GIUDIZIO PERSONALE:
Tutto sta cambiando a Rossmore: non è più il sonnacchioso paesino della campagna irlandese da cui i giovani fuggivano in cerca di fortuna. Oggi è un villaggio prosperoso, così vivace che il nuovo piano urbanistico prevede la costruzione di un’autostrada. Gli abitanti si dividono tra favorevoli e contrari. Ma Padre Flynn, il giovane curato, è preoccupato soprattutto per la sorte del pozzo dedicato a Sant’Anna, che l’autostrada minaccia di distruggere. Da generazioni la gente accorre in questo luogo incantato in mezzo a un bosco di biancospini, che secondo una leggenda ha proprietà miracolose, per condividere sogni e paure, per trovare conforto o anche solo per un momento di preghiera. E Padre Flynn si sente responsabile della loro felicità. Il pozzo è il luogo attorno a cui si incrociano le storie dei protagonisti di questo romanzo: storie tragiche, come quella di Lilly Ryan a cui hanno rapito la figlia, e a lieto fine, come quella di Vera, la zitella che si iscrive a una vacanza per single e s’invaghisce di un uomo più giovane di un uomo più giovane. Per salvare le sorti del pozzo ci vorrebbe un miracolo! Invece sarà Neddy Nolan, un tempo considerato lo scemo del villaggio, a sventare la catastrofe: perché a volte anche gli esseri umani sanno compiere miracoli, con la sola forza della speranza e dell’amore.
Romanzo deludente e, a tratti, noioso oltre ogni descrizione. Mi piaceva l’idea del romanzo ambientato in Irlanda che parlasse di una fonte sacra, immaginavo la tipica atmosfera misteriosa, magica dell’isola celtica. Invece non ho trovato nulla di quello che mi aspettavo.
L’ambientazione è quella dell’Irlanda in enorme espansione economica (prima della crisi del 2009!) in cui un piccolissimo centro di Rossmore, un paesino da cui gli abitanti fuggivano per trovare lavoro in Inghilterra, si sta espandendo molto velocemente. A questo sviluppo si aggiunge il progetto di costruire una grande strada che lambisca il paese ma che passi all’interno del Bosco dei biancospini, dove si trova il santuario di Sant’Anna che gli abitanti venerano da sempre e a cui chiedono di esaudire dei desideri. Di fronte alla possibilità che il santuario venga distrutto gli abitanti si dividono tra favorevoli, per le molte opportunità economiche che la strada porterebbe, e contrari, perché desiderosi di mantenere il luogo sacro.
Il giovane curato di Rossmore decide di non prendere posizione, anche perché istintivamente non crede nei poteri miracolosi del santuario. Il libro presenta le varie voci degli abitanti, e non solo, di Rossmore che raccontano come la fonte abbia cambiato la loro vita. Il libro, quindi, è composto da capitoli in cui due personaggi raccontano in prima persona la loro versione di un fatto.
È proprio questa scelta stilistica che non mi è piaciuta perché dava un senso di frammentarietà, oltre a creare un caos tra tutti i personaggi presentati di cui, inevitabilmente, alla fine non ti ricordi la storia. Non ti permette di affezionarti ai personaggi.
I vari capitoli sono tenuti insieme dalla cornice in cui Padre Brian Flynn assiste e interviene nelle vicende dei suoi parrocchiani di Rossmore e, in qualche modo, la sua vita si intreccia a quella di molti dei protagonisti dei piccoli racconti.
Ogni capitolo ha la struttura di una novella con una vicenda, tutto sommato, semplice e dal finale a sorpresa.
Tutto ciò mi ha portato a non entrare totalmente nella storia raccontata.
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