domenica 10 gennaio 2021

PHILIP ROTH: La macchia umana

 

Il professor Coleman Silk da cinquant’anni nasconde un segreto, e lo fa così bene che  nessuno se n’è mai accorto prima, nemmeno sua moglie o i suoi figli. Un giorno però basta una parola detta per sbaglio, e su di lui si scatenano le streghe del perbenismo, gli spiriti maligni della political correctness. Allora tutto il suo mondo, la sua brillante vita accademica, la sua bella famiglia crollano. E non c’è scampo, perché “noi lasciamo una macchia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui”.

Mi sono avvicinata per la seconda volta a questo grande autore che è Philip Roth con uno dei suoi testi più celebri facente parte della sua trilogia americana.

Non posso non dire che leggere Roth non sia una impresa complessa: per la densità dei contenuti e per la modalità decisamente articolata della sua scrittura, il suo periodare ampio, pieno di parallelismi, ripetizioni, metafore. In sé e per sé la trama di questo libro non è per nulla complessa, per quanto la costruzione dei personaggi sia complessa e ne venga ricostruito il passato attraverso dei lunghi e complessi flashback. Quello che conta nel romanzo di Roth è la costruzione dei personaggi e della loro personalità che è così complessa ed approfondita da risultare così reale sulla pagina che quasi ti stupisci della reazione che ti scatenano. Si tratta, in generale, di personalità particolarmente complesse e dotate di chiaroscuri.

Si parte dal protagonista principale, Coleman Silk, insegnante di lettere classiche dell’università di Athena, la cui fulgida carriera è incappata in un incidente, diciamo, linguistico.

Egli ha un segreto che ha tenuto nascosto anche alla propria famiglia, quello che mi ha sorpresa è che io questo segreto l’ho capito solo nel secondo capitolo e non so se questo è dipeso da una mia “ingenuità, ma ho avuto la sensazione che il lettore fosse messo, inizialmente, nella posizione di tutti coloro che conoscevano solo una parte di Coleman Silk.

Poi c’è Faunia, la sua giovane amante, una donna dalla personalità così complessa, così diversa da qualsiasi personaggio femminile io abbia letto in precedenza, così contraddittoria ma, nello stesso tempo, così reale, così carnale in tutti i suoi sbagli e le sue disillusioni…

Lester, il suo ex marito, che dovrebbe essere un uomo odioso e che invece io, come lettrice, non potevo non ricondurre al suo passato traumatico. Questo non scusa certo il suo comportamento violento, ma non può non accentuare la sfaccettatura della sua personalità. Infine Delphine Roux, giovane collega di Coleman Silk, colei che ha cavalcato lo scandalo contro il prestigioso professore. Dietro le sue meschinerie non puoi evitare di intravedere la sua debolezza e la sua goffagine; non dico che possa risultare simpatica, ma leggermente più comprensibile.

In tutti loro si incarna molto bene il concetto alla base di questo libro, ossia che l’uomo è inevitabilmente destinato non solo all’errore, ma anche al male. La macchia fa parte di ciascuno di noi.


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