Lessico
famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e più duraturi
riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo
è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la storia di una
famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino, tra gli anni Trenta e
Cinquanta. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il
ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali. Scrive la Ginzburg: “Noi
siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero
e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro,
indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una
frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel
tempo della nostra infanzia. Ci basta dire ‘Noi siamo venuti a Bergamo a fare
campagna’ o ‘De cosa spussa l’acido solforico’, per ritrovare a un tratto i
nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata
indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole”.
Partecipare
a un gruppo di lettura, cosa che non mi è consueta, mi ha permesso di
accelerare i tempi di lettura di questo libro che avevo comprato questa estate.
Inizialmente, lo ammetto, ho fatto molta fatica ad andare avanti, non riuscivo
a entrare nello spirito della narrazione, mi sembrava che i fatti fossero
concatenati in maniera troppo arbitraria che a me dava un senso di disordine.
Nonostante ciò, la voce ingenua con cui Natalia raccontava i suoi ricordi d’infanzia
di una famiglia numerosa, vivace, con tante personalità in contrasto tra di
loro. Su tutti domina il padre Beppino, personalità dominante, quasi dispotica,
ma in realtà molto meno autoritario di quanto sembri. Inizialmente può fare
antipatia, ma poi riesce a diventare simpatica. La madre Lidia, la classica
sciura, tutta presa da determinate convenzioni, apparentemente sempre
scontenta. E poi ci sono i vari fratelli, ognuno con le loro passioni (sempre
smodate), rivalità. Il linguaggio che caratterizza la famiglia, la
comunicazione al suo interno è ciò che sancisce ulteriormente i legami di
sangue.
La
voce di Natalia è sorprendente per la sua ingenuità e, nello stesso tempo,
spietatezza nello smascherare le tante convenzioni e contraddizioni della
famiglia. Poi Natalia cresce, per il lettore anche troppo velocemente, tanto da
allontanarsi leggermente dal focus familiare per spostarsi verso il suo impegno
nella casa editrice Einaudi.
Quello
che mi ha affascinata di più è stata la capacità di far rivivere nelle pagine
del libro la vita di quel tempo, la quotidianità, sembrava di esservi immersi. Nello
stesso tempo, ci ha dato la possibilità di conoscere tante grandi personalità
del passato: Olivetti, Leone Ginzburg, Pavese etc…
Sapevo
che era un grande classico moderno della nostra letteratura, ma mi ha sorpresa
per quanto mi sia piaciuto.
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