domenica 17 maggio 2020

NICCOLÒ AMMANITI: Che la festa cominci


Nel cuore di Roma, il palazzinaro Sasà Chiatti organizza  nella sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici, attricette, calciatrici, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, inghiottiti in un’avventura dove eroi e comparse daranno vita a una grandiosa e scatenata commedia umana. L’irresistibile comicità di Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso che non ci abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e sentimenti. E soli, ala fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.
Trama: Si tratta dell’Ammaniti che si lascia andare alla sua ironia contro la cultura pop e la società dell’apparenza (in un’era pre Instagram), alla sua passione per l’assurdo con un filo di splatter. Lo spunto della trama è davvero buono e ha un’evoluzione verso l’assurdo tale che il lettore non sa più dove l’autore vuole andare a parare. Più si va avanti e meno si riesce a credere al livello di incredibile raggiunto. Naturalmente la trama ha un valore soprattutto metaforico:  la grande festa con la varia umanità che ruota attorno allo star system ma anche all’elite politico ed economica (con tutti i loro intrecci) è chiaramente ispirata alla realtà, tanto più a quella della mondanità romana. Ma la vanità, l’ipocrisia che essi rappresentano riguarda l’umanità in generale. Nel corso del libro assistiamo al loro abbrutimento e, nello stesso tempo, all’incapacità di perdere la fatuità, anche nelle peggiori situazioni.
Personaggi: Si alternano tanti personaggi, una varia umanità come ho detto in precedenza. Vari tipi umani. Dallo scrittore in piena crisi, non compreso dall’agente e dalla casa editrice, che ha perso  la vena creativa, che ci illude sempre di essere una persona migliore di quella che è, per poi deluderci immediatamente dopo. Decisamente spiazzante è il gruppo degli appartenenti alla setta delle Belve di Abaddon. Sono dei poveri disperati, che cercano una volontà di affermazione. Inizialmente risultano particolarmente comici perché da una parte pianificano il sacrificio umano, dall’altra devono affrontare le piccole difficoltà della vita quotidiana. Rappresentano, secondo me,  le frustrazioni della gente comune in questa nostra società dell’apparenza.
Stile: Piacevole lo stile comico, ironico dell’autore. Inizialmente esso risulta piacevole e avvincente, molto divertente. Con l’andare avanti della lettura, però, tutto inizia ad apparire un po’ eccessivo, un po’ sempre sopra le righe e può rischiare di stancare.

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