Nel cuore di Roma, il
palazzinaro Sasà Chiatti organizza nella
sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il
più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi
bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici,
attricette, calciatrici, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto
scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica
di Oriolo Romano, inghiottiti in un’avventura dove eroi e comparse daranno vita
a una grandiosa e scatenata commedia umana. L’irresistibile comicità di
Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso
che non ci abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e
sentimenti. E soli, ala fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e
sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.
Trama: Si
tratta dell’Ammaniti che si lascia andare alla sua ironia contro la cultura pop
e la società dell’apparenza (in un’era pre Instagram), alla sua passione per l’assurdo
con un filo di splatter. Lo spunto della trama è davvero buono e ha un’evoluzione
verso l’assurdo tale che il lettore non sa più dove l’autore vuole andare a
parare. Più si va avanti e meno si riesce a credere al livello di incredibile
raggiunto. Naturalmente la trama ha un valore soprattutto metaforico: la grande festa con la varia umanità che ruota
attorno allo star system ma anche all’elite politico ed economica (con tutti i
loro intrecci) è chiaramente ispirata alla realtà, tanto più a quella della
mondanità romana. Ma la vanità, l’ipocrisia che essi rappresentano riguarda l’umanità
in generale. Nel corso del libro assistiamo al loro abbrutimento e, nello
stesso tempo, all’incapacità di perdere la fatuità, anche nelle peggiori
situazioni.
Personaggi: Si
alternano tanti personaggi, una varia umanità come ho detto in precedenza. Vari
tipi umani. Dallo scrittore in piena crisi, non compreso dall’agente e dalla
casa editrice, che ha perso la vena
creativa, che ci illude sempre di essere una persona migliore di quella che è,
per poi deluderci immediatamente dopo. Decisamente spiazzante è il gruppo degli
appartenenti alla setta delle Belve di Abaddon. Sono dei poveri disperati, che
cercano una volontà di affermazione. Inizialmente risultano particolarmente
comici perché da una parte pianificano il sacrificio umano, dall’altra devono
affrontare le piccole difficoltà della vita quotidiana. Rappresentano, secondo
me, le frustrazioni della gente comune
in questa nostra società dell’apparenza.
Stile:
Piacevole lo stile comico, ironico dell’autore. Inizialmente esso risulta
piacevole e avvincente, molto divertente. Con l’andare avanti della lettura,
però, tutto inizia ad apparire un po’ eccessivo, un po’ sempre sopra le righe e
può rischiare di stancare.
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