sabato 22 gennaio 2022

TRACY CHEVALIER: Strane creature


 

È il 1811 a Lyme, un piccolo villaggio del Sussex, sulla costa meridionale inglese. Le stagioni si susseguono senza scosse in paese e il decoro britannico si sposa perfettamente con la tranquilla vita di una provincia all’inizio del diciannovesimo secolo. Un giorno, però, sbarcano nel villaggio le sorelle Philpot e la quiete è subito un pallido ricordo. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quel villaggio spazzato dal vento. Margaret, diciotto anni, riccioli neri e braccia ben tornite, sorprende costantemente tutti con i suoi turbanti verdolini sconosciuti alle ragazze di Lyme, che se ne vanno in giro ancora con grevi vestiti stile impero. Louise, meravigliosi occhi grigi e grandi mani, coltiva una passione per la botanica che è incomprensibile in quel piccolo mondo dove alle donne è dato solo di maritarsi e accudire i figli. Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un’eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha venticinque anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l’età che ha e l’aspetto severo che si ritrova, ma se ne va in giro con una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini. In paese ha stretto amicizia con Mary Aming, la figlia dell’ebanista. Quand’era poco più che una poppante, Mary è stata colpita da un fulmine. La donna che la teneva tra le braccia e le due ragazze accanto a lei morirono, ma lei la scampò. Prima dell’incidente era una bimba quieta e malaticcia. Ora è una ragazza vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa. Il reverendo Jones, un uomo con il volto squadrato, i capelli a spazzola e le labbra sottili che non stanno mai ferme, dice che le cose non possono stare in questo modo, perché sarebbe contrario alla Bibbia. Dio non può avere creato delle bestie così grandi per poi sbarazzarsene. Elizabeth Philpot però non solo presta fede alla ragazzina, ma la protegge anche dai cacciatori di fossili e dagli avventurieri che accorrono a frotte a Lyme. Tra questi anche l’affascinante colonnello Birch, un militare dritto e sicuro di sé dai bei capelli folti e neri, che infrange il cuore di Mary e suscita una morbosa, irresistibile attrazione nella maggiore delle Philpot. Basato sulla storia di Mary Aming, la ragazzina che a Lyme Bay portò alla luce il cranio del primo ittiosauro e rese così possibile quella svolta negli studi sull’evoluzione che trovò il suo coronamento nel 1859 con la pubblicazione dell’Origine della Specie di Darwin. Strane creature è una delle opere più riuscite di Tracy Chevalier: un’avvincente storia di donna che lottano contro le ottuse convenzioni di un’epoca per aprire la strada al progresso e alla conoscenza.

Tracy Chevalier è un’autrice di cui ho letto già diversi libri. Dal primo e notissimo La ragazza con l’orecchino di perla, davvero suggestivo a L’ultima fuggitiva a questo Strane creature. L’autrice parte quasi sempre da vicende o personaggi realmente esistiti, come in questo caso.

Questo è decisamente un romanzo al femminile. Le due protagoniste, nonché voci narranti che si alternano, sono la matura e benestante Elizabeth Philpot che ha una vera e strana passione per i fossili e dall’altra parte la popolana Mary Aming, colei che ha trovato il primo esemplare di ittiosauro e che quindi ha dato al la allo sviluppo degli studi e al successivo sviluppo delle teorie evoluzioniste di Darwin. Sono due personaggi vagamente austiniani in quanto, anche se vagheggiano un incontro sentimentale, alla fin fine scelgono di difendere la loro autonomia e indipendenza nonché la passione per lo studio.

I temi che la storia potrebbe suggerire sono vari e alcuni molto interessanti: dall’emancipazione femminile agli interrogativi di tipo scientifico ma anche teologici sulla storia della Terra e degli esseri viventi che l’hanno abitato. Questi temi restano, però, soltanto in superficie in quanto l’interesse prevalente dell’autrice è quello di raccontare la storia di due donne di cui la Storia ha ricordato ben poco ma che tanto merito hanno avuto nello sviluppo della ricerca scientifica, è un omaggio a loro.

Lo stile di Chevalier è sempre molto piacevole e scorrevole. In questo caso abbiamo due narratrici interne che si alternano e che ridanno voce a chi voce non ha avuto dalla Storia. Ciò che mi ha lasciato un po’ perplessa è che le due voci, quella di Elizabeth e quella di Mary, due donne profondamente diverse per educazione, origine, esperienza risultino così simili, poco differenziate.

Questo libro mi è piaciuto abbastanza, non mi ha affascinata come La ragazza con l’orecchino di perla, non l’ho trovato altrettanto suggestivo. Tuttavia è una lettura piacevole, con una trama abbastanza insolita e originale e con due figure femminili molto interessanti.

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