Yang
Fei esce di casa una mattina e trova una nebbia fitta mista a una strana neve
luminosa: è in ritardo per la sua cremazione. Inizia così il viaggio nell’Aldilà
di un uomo vissuto, troppo brevemente, nella Cina del capitalismo socialista e
delle sue aberranti contraddizioni. In un’avventura di sette giorni, il
protagonista incontrerà persone care smarrite da tempo, imparando nuove
cose di loro e di se stesso. Conoscenti e sconosciuti gli racconteranno, poi,
la propria storia nell’inferno vero, l’Aldiquà: demolizioni forzate,
corruzioni, tangenti, feti buttati nel fiume come rifiuti, miriadi di poveracci
che pullulano in bunker sotterranei come formiche, traffico di organi,
consumismo sfrenato… La morte livella finalmente le diseguaglianze, svelando l’essenziale,
e i cittadini di questa necropoli soave uscita dalla penna di Yu Hua ci
insegnano tutta la semplicità dell’amore.
Yu
Hua è un interprete della Cina moderna e della sua evoluzione negli ultimi
decenni. Dopo aver letto Brithers: la saga, da molti ritenuto il suo
lavoro più importante, ho avuto la curiosità di leggere altro di suo.
Questo
libro ha una trama più esile, ma allo stesso modo dell’altro libro che ho
letto, pullula di personaggi dei quali l’autore sa darci delle pennellate
destinate ad imprimersi nella memoria del lettore. Yan Fei, che è il
protagonista, muore all’improvviso e, anche a causa della sua povertà, è
destinato a non avere sepoltura. Come tutti i morti nella sua stessa condizione
si ritrova come in un grande giardino (che mi ha un po’ ricordato i Campi Elisi
di classica memoria). Qui Yang Fei incrocia persone la cui vita si era
intrecciata con la sua, dalla ex moglie ai vicini di casa e tutti gli spiegano
le ragioni del loro trovarsi lì. Molti di questi personaggi hanno avuto una
morte violenta, in alcuni casi accidentale, e comunque hanno affrontato una
morte che ha dato fine a una vita molto dolorosa.
Naturalmente,
il tema centrale è quello della morte. Yang Fei e i suoi compagni di avventura
sono come smarriti di trovarsi nell’Aldilà, visto che la maggior parte di loro
è morta in circostanze accidentali. Lo stesso stupore nasce anche dal guardarsi
intorno e trovarsi in una realtà assolutamente piacevole. Se quindi rimpiangono
i cari che hanno lasciato sulla Terra (straziante l’episodio di una coppia
uccisa in seguito alla demolizione della loro casa, che non sa cosa ne è stato
della loro bambina), ma non rimpiangono la loro vita. Proprio perché ci
troviamo di fronte ad anime di persone che non si sono potuti permettere una
cerimonia funebre, questo mondo è
abitato da derelitti che ci raccontano come le trasformazioni della Cina
moderna abbiano creato un substrato di sconfitti, un mondo di violenza, di
sopraffazione e di enormi disparità. Ritorna quindi la denuncia di Yu Hua
rispetto allo sviluppo economico del suo paese.
Lo
stile di Yu Hua è estremamente narrativo, veloce, fa un ampio uso di dialoghi
ed è estremamente vivo. In questo caso abbiamo la voce narrante, che è quella
del protagonista. Il tono, ancora una volta per questo autore, è un continuo
saltare da un tono serio, quasi lirico, ad affermazioni paradossali, anche se
le situazioni sono meno comiche rispetto a quanto visto in Brothers. Molto
più che nell’altro libro, ho trovato in questo un tono malinconico di una
persona che ha capito che il vero inferno si trova in realtà in questo mondo.
Anche
questo libro mi è piaciuto molto, ho ritrovato gli stessi temi dell’altro
libro, anche se con una voce leggermente diversa. Ho ritrovato un autore
estremamente originale nel raccontare la sua realtà. Attraverso lui sto
imparando anche a conoscere la sensibilità di un popolo, quello cinese, molto
lontano dalla mia. Conto di leggere altri suoi libri.
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