domenica 21 marzo 2021

GIORGIO FALETTI: Tre atti e due tempi

 

“Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovarmi un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve”. Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrida si umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo più ad abbandonare. Con Tre atti e due tempi Giorgio Faletti ci consegna un romanzo perfetto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell’amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l’antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.

Penso che tutti conoscano il simpatico, indimenticato e rimpianto Giorgio Faletti, uomo dalle molteplici anime artistiche. Di lui, amato fin dai tempi del Drive In, non avevo mai letto nulla, soprattutto perché non ritengo il genere a cui appartengono le sue opere di mio gusto. Comunque, mi hanno regalato questo libro e quindi l’ho letto.

Si tratta di un romanzo breve /racconto lungo su una partita di calcio truccata per il mercato delle scommesse e la storia di un padre che vuole evitare che il figlio ripeta i suoi stessi errori.

Naturalmente il personaggio principale è Silvano, la voce narrante, che ci guida attraverso il tempo, in un continuo passaggio tra passato e presente nella sua vita, in quella del figlio Roberto e, di striscio, anche nel mondo dello sport, in generale, e del calcio in particolare. Roberto, il figlio di Silvano, pur avendo un ruolo importante nella trama, resta comunque sullo sfondo e viene solo tratteggiato dall’autore.

Il tema centrale è quello della storia di un uomo che, pur essendosi ricostruito una vita, porta su di sé un fardello del suo passato, qualcosa che comunque ha determinato  il suo col figlio e, nonostante la vita gli abbia dato delle nuove opportunità, le ombre del passato continuano a tormentarlo. C’è l’idea di come le colpe del passato, oltre a incombere sempre sull’individuo, si ripresentano come una sorta di macchia che ritorna tramite il figlio. Poi, naturalmente, c’è il tema della complessità dei rapporti tra padre e figlio e come questi siano compromessi dai silenzi e dai malintesi, come la fiducia possa venire meno nonostante i sentimenti. Poi, c’è anche il tema dell’ambiente del calcio, di tutte le sue brutture (significativo che l’autore stesso dichiari in appendice di aver avuto suggerimenti e consulenze da esponenti della società della Juventus…).

Il narratore è interno e racconta in prima persona. A volte sembra di assistere a un monologo a teatro. Soprattutto nella prima parte sono presenti continui flashback che creano un intreccio di vari piani temporali. Prima di prenderci familiarità , la cosa mi ha spiazzata perché non capivo a quale momento della sua vita l’autore si riferisse. Ricorrente la frase finale di capitolo ad effetto.

Mi è piaciuto? Non molto. Non mi è piaciuta l’ambientazione, non mi è piaciuto il protagonista che non mi ha colpita per nulla né mi ha fatto empatizzare con lui. Dalla seconda metà, ho trovato la trama totalmente assurda e il finale, direi, semplicistico.


2 commenti:

  1. Ho letto alcuni libr di Faletti: "Io uccido" mi è piaciuto moltissimo, "Niente di vero tranne gli occhi" molto poco e "Appunti di un venditore di donne" abbastanza. Tutto sommato da provare, magari un tipo di intrattenimento "da ombrellone" (passami il termine). E' vero che tende e a non essere troppo approfondit in generale.

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  2. Io non avevo mai letto nulla prima, ma non è proprio il genere che di solito leggo. Questo stesso mi era stato regalato

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