sabato 5 febbraio 2022

MARY SHELLEY: Frankeinstein

Nel 1816 Lord Byron, durante una sera tempestosa nella sua villa a Ginevra, propone ai suoi ospiti – Mary e Percy Shelley, e William Polidori – di scrivere, per gioco, un racconto dell’orrore. Ricollegandosi al mito di Prometeo, Mary scriverà Frankeinstein. Una storia che è un groviglio etico, un ragionamento profondo sull’origine della vita: l’angosciante storia di uno scienziato che conduce macabri esperimenti nel tentativo di restituire la vita ai cadaveri. Una favola terribile capace di imporsi con la forza delle immagini e la sua autonomia di mito universale. Uno sconvolgente racconto dell’orrore in cui il mostro è più umano del suo creatore.

Mary Shelley non credo che abbia bisogno di grosse presentazioni. Vorrei invece sottolineare come l’autrice abbia scritto questo testo a soli 17 anni per una sorta di gioco letterario inventato da Byron  quando aveva lei, il marito e William Polidori ospiti a villa Diodati. La Shelley prende spunto dal mito di Prometeo, il titano ribelle.

Frankeinstein rappresenta la forza della ragione, del sapere scientifico, il desiderio di superare il limite della conoscenza, se esso esiste. Egli, addirittura, si spinge fino a creare la vita, cosa che nessuno aveva mai tentato di fare. L’esaltazione della creazione dura ben poco, fino a quando si trova di fronte alla creazione e si rende conto di aver creato un mostro. Da quel momento la sua coscienza è perseguitata dall’idea del mostro creato.

Dall’altra parte il mostro scatena nel lettore una duplice reazione: da una parte si prova ribrezzo per la sua violenza e la sua sete di vendetta, dall’altra parte si prova pena e tenerezza per il destino di solitudine a cui è condannato. Nessuno può andare oltre il suo aspetto fisico e percepire il desiderio di amore che lo anima. Questo lo induce a odiare il genere umano, anche perché si rende conto di non farne parte appieno.

Al di là di quello che può essere, secondo i critici, il tema che la Shelley voleva trasmettere, ossia la dipendenza del sapere scientifico della fede, unica portatrice della verità, secondo atmosfere e suggestioni romantiche presenti anche nel testo, io ci ho visto anche una riflessione sulla diversità e la capacità di accettazione e inclusione. Il mostro è condannato ad essere rifiutato a causa del suo aspetto esteriore. Nessuno è in grado di andare oltre. Quando il mostro parla liberamente, lascia intravedere la sua anima, anche se in teoria non ne ha, e il suo cuore. Poi però il suo istinto distruttore ha la meglio.

La struttura del racconto, che immaginiamo scritto in un periodo piuttosto breve, è abbastanza complessa. Abbiamo tre narratori interni che sono rispettivamente Mr Walton, l’esploratore, che crea una cornice alla storia, che incontra Mr Frankeinstein che gli racconta la sua storia e che gli riferisce anche il racconto del mostro. A questa struttura abbastanza complessa si accostano degli espedienti della trama piuttosto ingenua, a mio parere. Ad esempio, quando viene ucciso il giovane fratello del protagonista, per qualche motivo si deve pensare subito che il responsabile sia il mostro, dal momento che non si hanno sue notizie da tempo e non si può sapere dove si trova? Come questo ci possono essere altri esempi. Per il resto la scrittura è fluida, lineare, ben bilanciata, molto ben tradotta in maniera abbastanza contemporanea, pur mantenendo quel po’ di profumo di antico.

Non è certamente un libro che appartiene al mio genere preferito. Mi sono ripromessa di recuperare diversi classici e intanto l’ho fatto con questo. Mi ha appassionato e interessato a fasi alterne, ho preferito le scene in cui era protagonista il mostro e quelle in cui dovevo seguire le elucubrazione di Frankeinstein. L’aspetto horror, per  mia fortuna, è abbastanza limitato; c’è più che altro un’atmosfera inquieta.

 

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