sabato 19 febbraio 2022

TARA WESTOVER: L’educazione


 

Tara, la sorella Audrey e i fratelli Luke e Richard sono nati in una singolare famiglia mormona delle montagne dell’Idaho. Non sono stati registrati all’anagrafe, non sono mai andate a scuola, non sono mai stati visitati da un dottore. Sono cresciuti senza libri, senza sapere cosa succede nel mondo o cosa sia il passato. Fin da piccolissimi hanno aiutato i genitori nei loro lavori: in estate stufare le erbe per la madre ostetrica e guaritrice, in inverno lavorare nella discarica del padre, per recuperare metalli. Fino a diciassette anni Tara non aveva idea di cosa fosse l’Olocausto o l’attacco alle Torri gemelle. Con la sua famiglia si preparava alla sicura fine del mondo, accumulando lattine di pesche sciroppate e dormendo con uno zaino d’emergenza sempre a portata di mano. Il clima in casa era spesso pesante. Il padre è un uomo dostoevskiano, carismatico quanto folle e incosciente, fino a diventare pericoloso. Il fratello maggiore Shawn è chiaramente disturbato e diventa violento con le sorelle. La madre cerca di difenderle, ma rimane fedele alle sue credenze e alla sottomissione femminile prescritta. Poi Tara fa una scoperta: l’educazione. La possibilità di emanciparsi, di vivere una vita diversa, di diventare una persona diversa. Una rivelazione. Tara Westover dimostra una capacità  di introspezione che distingue i grandi scrittori, creando una storia universale di formazione che mira al cuore di ciò che l’educazione ha da offrire: la prospettiva di vedere la propria vita con occhi nuovi e la volontà di cambiarla.

Tara Westover è una giovane ricercatrice di Storia che ha scritto questo suo primo libro sulla sua storia personale.

Il personaggio principale è, naturalmente, Tara stessa che racconta la sua vita familiare da quando era bambina fino alla maturità. Attorno a lei ruota tutta la sua numerosa e stramba famiglia. Dal padre, mormone, convinto che la fine del mondo sarebbe stata imminente e che loro sarebbero stati gli eletti che si sarebbero salvati. È un padre decisamente tirannico, nonché, come si scoprirà nel tempo, affetto da sindrome bipolare che lo porta a fasi umorali diametralmente opposti. La madre, ogni tanto, mostra uno spiraglio di sensatezza che però viene risucchiata dall’imperiosità del marito. Infine c’è il fratello Shawn, un uomo violento che riversa sui fratelli la propria frustrazione.

I temi interessanti di questo libro sono davvero tanti. Si parte della cecità di questi genitori che non rivelano all’anagrafe i figli, non fanno frequentare loro la scuola, li sfruttano in lavori pericolosi. Nella loro cecità non credono nella scienza, né nella medicina, usano rimedi omeopatici anche per le ferite più gravi. Infine, il tema centrale, come si intuisce dal titolo, dell’educazione, unico mezzo di riscatto per la giovane Tara. Faceva tenerezza la giovane donna dell’Idaho, ignaro anche delle cose più banali, come il fatto che debba studiare il libro, non solo guardare le immagini fino ad arrivare a questioni ben più pesanti come l’Olocausto. Il suo percorso di emancipazione la costringerà a rompere definitivamente con una famiglia che definire disfunzionale è davvero poco.

L’autrice racconta in prima persona la sua storia quindi è inevitabile che abbia un tono in alcuni momenti accorato. Lei racconta con estrema precisione raccattando i suoi ricordi e facendo riaffiorare quanto aveva nel tempo diligentemente segnato sul suo diario. È stata molto brava a evidenziare quello stato d’animo sconfortato dal rifiuto e quella identità spezzata dall’abbandono della famiglia attraverso una scrittura che comunque rimane molto lucida.

KAREN MARIE MONING: Il bacio dell’Highlander

 

Stregato da un potente incantesimo, Drustan MacKeltar ha dormito per quasi cinque secoli nascosto nelle profondità di una grotta, fin quando un improbabile salvatore lo ha svegliato: una ragazza seducente come nessun’altra. Gwen Cassidy è venuta in Scozia per scuotere la sua vita monotona e forse incontrare un uomo. Come poteva sapere che cadere in un burrone l’avrebbe spedita tra le braccia dell’uomo più affascinante che avesse mai visto? Nel futuro del mondo di Drustan restano solo le rovine, e lui sa che deve tornare al passo se vuole salvare il suo popolo; ma per farlo ha bisogno di avere al suo fianco una donna unica. Legato a Drustan da una passione più forte del tempo, Gwen si trova nella Scozia del XVI secolo dove un nemico infido complotta contro di loro, al fianco di un guerriero in grado di cambiare la storia e sfidare ogni istante del tempo per la donna che ama.


sabato 5 febbraio 2022

MARY SHELLEY: Frankeinstein

Nel 1816 Lord Byron, durante una sera tempestosa nella sua villa a Ginevra, propone ai suoi ospiti – Mary e Percy Shelley, e William Polidori – di scrivere, per gioco, un racconto dell’orrore. Ricollegandosi al mito di Prometeo, Mary scriverà Frankeinstein. Una storia che è un groviglio etico, un ragionamento profondo sull’origine della vita: l’angosciante storia di uno scienziato che conduce macabri esperimenti nel tentativo di restituire la vita ai cadaveri. Una favola terribile capace di imporsi con la forza delle immagini e la sua autonomia di mito universale. Uno sconvolgente racconto dell’orrore in cui il mostro è più umano del suo creatore.

Mary Shelley non credo che abbia bisogno di grosse presentazioni. Vorrei invece sottolineare come l’autrice abbia scritto questo testo a soli 17 anni per una sorta di gioco letterario inventato da Byron  quando aveva lei, il marito e William Polidori ospiti a villa Diodati. La Shelley prende spunto dal mito di Prometeo, il titano ribelle.

Frankeinstein rappresenta la forza della ragione, del sapere scientifico, il desiderio di superare il limite della conoscenza, se esso esiste. Egli, addirittura, si spinge fino a creare la vita, cosa che nessuno aveva mai tentato di fare. L’esaltazione della creazione dura ben poco, fino a quando si trova di fronte alla creazione e si rende conto di aver creato un mostro. Da quel momento la sua coscienza è perseguitata dall’idea del mostro creato.

Dall’altra parte il mostro scatena nel lettore una duplice reazione: da una parte si prova ribrezzo per la sua violenza e la sua sete di vendetta, dall’altra parte si prova pena e tenerezza per il destino di solitudine a cui è condannato. Nessuno può andare oltre il suo aspetto fisico e percepire il desiderio di amore che lo anima. Questo lo induce a odiare il genere umano, anche perché si rende conto di non farne parte appieno.

Al di là di quello che può essere, secondo i critici, il tema che la Shelley voleva trasmettere, ossia la dipendenza del sapere scientifico della fede, unica portatrice della verità, secondo atmosfere e suggestioni romantiche presenti anche nel testo, io ci ho visto anche una riflessione sulla diversità e la capacità di accettazione e inclusione. Il mostro è condannato ad essere rifiutato a causa del suo aspetto esteriore. Nessuno è in grado di andare oltre. Quando il mostro parla liberamente, lascia intravedere la sua anima, anche se in teoria non ne ha, e il suo cuore. Poi però il suo istinto distruttore ha la meglio.

La struttura del racconto, che immaginiamo scritto in un periodo piuttosto breve, è abbastanza complessa. Abbiamo tre narratori interni che sono rispettivamente Mr Walton, l’esploratore, che crea una cornice alla storia, che incontra Mr Frankeinstein che gli racconta la sua storia e che gli riferisce anche il racconto del mostro. A questa struttura abbastanza complessa si accostano degli espedienti della trama piuttosto ingenua, a mio parere. Ad esempio, quando viene ucciso il giovane fratello del protagonista, per qualche motivo si deve pensare subito che il responsabile sia il mostro, dal momento che non si hanno sue notizie da tempo e non si può sapere dove si trova? Come questo ci possono essere altri esempi. Per il resto la scrittura è fluida, lineare, ben bilanciata, molto ben tradotta in maniera abbastanza contemporanea, pur mantenendo quel po’ di profumo di antico.

Non è certamente un libro che appartiene al mio genere preferito. Mi sono ripromessa di recuperare diversi classici e intanto l’ho fatto con questo. Mi ha appassionato e interessato a fasi alterne, ho preferito le scene in cui era protagonista il mostro e quelle in cui dovevo seguire le elucubrazione di Frankeinstein. L’aspetto horror, per  mia fortuna, è abbastanza limitato; c’è più che altro un’atmosfera inquieta.