sabato 19 novembre 2011

CHARLOTTE LINK: La donna delle rose

In preda a una profonda crisi personale Franca Palmer, una giovane insegnante berlinese, si rifugia sull’isola di Guernsey, nel Canale della Manica per ritrovare se stessa. Ad accoglierla con cordiale ospitalità a Le Variouf è Beatrice Shaye, un’anziana signora inglese che, in compagnia dell’ottantenne Helene, vive in una bella villa di mattoni rossi curando uno splendido roseto. Le giornate trascorsero piacevoli, ma Franca percepisce attorno alla casa una cortina di mistero. Avverte che il rapporto tra le due donne nasconde odi, tensioni e rivalità… È Beatrice a svelare un po’ per volta alla sua ospite i segreti del passato: le racconta gli anni dell’occupazione tedesca, la scomparsa dei genitori, le privazioni, l’amore per un prigioniero francese, il matrimonio con un professore di Oxford. Le parla di Helene Feldmann, la giovane donna tedesca trasferitasi sull’isola assieme al marito ufficiale, e mai più ripartita.
La tensione tra le due anziane signore si inasprisce fino a quando una tragedia inattesa ne segna l’epilogo, esattamente quarantacinque anni dopo quel lontano dramma che aveva segnato per sempre le loro vite…
Avevo letto in passato anche La casa delle sorelle della Link e ho trovato che ci sono delle strane somiglianze tra questi due libri. La struttura, alcuni motivi narrativi sono i medesimi: una straniera in una casa che nasconde dei misteri, una donna anziana che racconta la propria vita, degli amori avventurosi e talora proibiti.
Mentre, però, La casa delle sorelle mi aveva catturato totalmente e riuscivo a fatica a metterlo via, questo ha richiesto un po’ più di pazienza. La storia di Beatrice è abbastanza interessante: separata dai genitori durante la guerra, è costretta a vivere nella propria casa insieme a una coppia di tedeschi, Erich e Helene Feldmann. Il primo è uno psicopatico (classica rappresentazione del comandante nazista), la seconda è succube e, apparentemente, indifesa. Beatrice, nonostante tutto, riesce a sopravvivere e ad avere, giovanissima, una storia d’amore con un prigioniero francese. Alla fine della guerra Erich muore in circostanze un po’ particolari, Helene resta a vivere nella piccola isola della Manica e Beatrice vorrebbe riappropriarsi della propria vita andando a vivere a Londra. Ma i casi della vita, e lo zampino di Helene, la costringono a tornare a Guernsey e a continuare a occuparsi dell’attività del padre, vivaista di rose, sopportando a fatica la presenza di Helene e odiando avere a che fare con i fiori.
La storia delle due anziane donne si intreccia a quella di Franca Palmer, giovane tedesca colpita da attacchi di panico e legata a un marito che ha giocato un ruolo fondamentale nel distruggere la sua autostima. Grazie al suo soggiorno a Guernsey e alla frequentazione di Beatrice ed Helene riesce a riappropriarsi della sua vita e a emanciparsi dalla dipendenza degli psicofarmaci.
Poi c’è Alan Shaye, il figlio di Beatrice, che, invece, è un alcolizzato ed è infatuato di una ragazza più piccola di lui di vent’anni che per di più non fa che giocare con lui e passare da un uomo all’altro. Anche lui dovrà liberarsi delle proprie dipendenze.
Devo dire che questa storia per me non sarà memorabile né sono rimasta particolarmente colpita dalla protagonista. Forse l’autrice voleva costruire il personaggio di una donna forte ma io non ho avuto da lei questa impressione. Nonostante superi tutte le avversità, a me pare che si lasci un po’ trascinare dalla marea.
Helene mi è risultata proprio antipatica: la finta acqua cheta, deboluccia, in realtà è una vera e propria manipolatrice.
Non so se sia un bene o un male ma mancava del tutto la storia d’amore: non riesco a considerare tale quello che c’è stato tra Julien e Beatrice, anzi, a volte l’ho trovato abbastanza squallido e, sicuramente, non da amore con la A maiuscola.
In conclusione lo considero passabile ma, allo stesso tempo, anche evitabile.
 

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