mercoledì 16 novembre 2011

BELVA PLAIN: L'alba di un giorno nuovo

Uno scambio involontario di neonati in clinica diciotto anni prima ha incrociato i destini di due famiglie. Per caso i Crawfield scoprono che l’amatissimo Peter, che sta per morire di fibrosi cistica, non è in realtà loro figlio. La rara malattia genetica di cui soffre rivela senza ombra di dubbio che altri sono i suoi genitori biologici. Alla sua morte i coniugi Crawfield sopravvivono al dolore aggrappandosi alla consapevolezza che da qualche parte il loro vero figlio è ancora vivo. Le ricerche li conducono ai Rice, una facoltosa famiglia del Sud. Per il giovane Tom, rampollo educato al disprezzo dei diversi, lo shock non potrebbe essere più sconvolgente. I genitori naturali, infatti, sono di origine semita. L’equilibrio della famiglia Rice, come dell’intera comunità in cui vivono, viene sconvolto, in un intrico di giochi di potere, odio razziale e legami familiari.
Provocatorio e autentico nell’attualità dei temi trattati, questo libro mette in scena uomini e fatti della vita di oggi, rielaborandoli in una coinvolgente trama romanzesca.
È un libro molto denso e ricco di temi abbastanza importanti e, ahimè, tragicamente attuali. Da uno strano scambio di bambini nella culla prende avvio una storia che ci parla di razzismo, segregazione e antisemitismo.
Questa è la storia delle famiglie Crawfield e Rice. La prima è un’agiata famiglia ebrea con il figlio maggiore, Peter, affetto dalla fibrosi cistica, una malattia impietosa che porta inesorabilmente alla morte. Durante il lungo iter ospedaliero di Peter, Arthur e Margaret Crawfield vengono a scoprire che il loro amato figlio è geneticamente incompatibile con loro. Alla sua morte scatta il desiderio di scoprire dove è finito il loro figlio biologico. E lo trovano presso i Rice.
Homer e Laura Rice hanno due figli, Tom e Timmy. Il primo è un vigoroso ragazzone di 19 anni che va al college, ha una ragazza e professa strane idee politiche vicine al neonazismo.
Il piccolo, dolce Timmy di 11 anni, invece, è affetto da fibrosi cistica e deve fare i conti con dolorose crisi respiratorie e con una vita fatta di mille cautele e impedimenti.
La famiglia è spaccata tra il padre che incoraggia le strane idee razziste di Tom contro neri ed ebrei e la madre che, invece, le teme e le rifiuta. Per Tom è, quindi, un terremoto quando scopre di avere sangue semita nelle proprie vene. La famiglia Rice dovrebbe affrontare unita questa dura prova del destino e invece è proprio essa che fa emergere la fragilità del matrimonio tra Bud e Laura. Quest’ultima dovrà a sue spese scoprire quanto poco conosce il proprio marito.
È sicuramente un romanzo ambizioso che vuole affrontare dei temi scottanti come quelli del razzismo e dell’antisemitismo. Devo dire che mi si è aperta un’immagine nuova e sconosciuta per me degli Stati Uniti. Non perché abbia mai pensato che lì non esistesse il razzismo (indios e neri docent) ma non lo collegavo molto all’antisemitismo, forse perché ho sempre avuto l’immagine di una potentissima lobby ebraica che ha molto agganci con il potere politico centrale.
La storia è abbastanza interessante, anche se non mi ha proprio appassionata ed entusiasmata. L’autrice gioca molto bene con la psicologia dei personaggi.
Lo stile è non sempre veloce ma molto scorrevole.(2 CUORI)

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